Buoni pasto: lavoro non subordinato, collaborazioni specialistiche e volontariato

Mar 28, 2024 | Buoni Pasto

Indice:

  1. Introduzione
  2. Buoni pasto per lavoratori non subordinati: cosa dice la legge
    1. DPCM 18 novembre 2005
    2. Decreto interministeriale del 07 giugno 2017 n. 122

Abbiamo già parlato ampiamente dei buoni pasto e dei loro destinatari (puoi approfondire qui per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, e qui per amministratori e soci), ma esistono buoni pasto o benefit per lavoratori non subordinati, collaboratori e volontari? 

Vediamolo insieme.

Buoni pasto per lavoratori non subordinati: cosa dice la legge

L’interrogativo è quanto mai interessante dal momento che la normativa dà una definizione estremamente ampia, per non dire generica, dell’utilizzatore del buono pasto.

Riferimenti sono rintracciabili fin dal DPCM 18 novembre 2005, recante norme per la disciplina dell’attività di emissione dei buoni pasto sostitutiva del servizio di mensa aziendale, laddove afferma che i buoni pasto possano essere utilizzati: “durante la giornata lavorativa anche se domenicale o festiva, esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato” (art. 5, comma 1°, lett. c).

E da ultimo, nel Decreto interministeriale del 07 giugno 2017 n. 122 (recante il Regolamento in materia di servizi sostitutivi di mensa) all’art. 2 lett. g del decreto è definito avente diritto all’utilizzo dei buoni pasto, oltre al prestatore di lavoro subordinato a tempo pieno o parziale, anche il soggetto che abbia instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato.

Concetto ribadito all’art. 4 lett. c quando si afferma che i buoni pasto “sono utilizzati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato.

L’esplicito riferimento a “forme di collaborazione non subordinata”, suggerisce di estendere lo spettro dei potenziali utilizzatori, comprendendo, oltre alle forme di collaborazione che traggono origine dalla comune tipologia dei contratti di lavoro subordinato e/o parasubordinato (apprendistato, a tempo determinato, a tempo parziale, in somministrazione, a chiamata, ecc.), anche tipologie contrattuali proprie del lavoro autonomo, fra le quali, in primo luogo, il contratto di prestazione d’opera intellettuale strutturato in forma di consulenza stabile o di compartecipazione agli organi di amministrazione e controllo della società ovvero a commissioni o collegi aziendali di varia natura. In questi casi anche la prestazione del lavoratore autonomo viene ad inserirsi nell’ambito di un rapporto di collaborazione che normalmente coinvolge in modo stabile i livelli più alti dell’organizzazione aziendale.

È essenziale, però, che sussista un vero e proprio rapporto/contratto di collaborazione tra il professionista (medico, ingegnere o altro), legato per esempio a un progetto o altro tipo di impegno e l’impresa.

In questo caso, nulla osta a che l’azienda gli fornisca i buoni pasto come forma di rimborso delle spese sostenute per alimentarsi durante l’orario di lavoro.

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