Welfare Aziendale: guida alla pianificazione e attivazione

Gen 25, 2024 | Piattaforma Welfare

Indice

  1. Introduzione
    • Eliminazione della condizione di volontarietà
    • Ampliamento dell’esenzione fiscale e contributiva
  2. Piani di Welfare Aziendale e Regolamentazione
    • Inserimento delle misure direttamente nei regolamenti aziendali
    • Differenze tra piani “regolamentati” e “volontari”
  3. Legge di Bilancio 2017 e Contratti Collettivi
    • Chiarimenti sui contratti collettivi legittimati
    • Inclusione di contributi e premi per il rischio di non autosufficienza
  4. Attivazione di un Piano Welfare Aziendale
    • Semplificazione del processo secondo la Circolare dell’Agenzia delle Entrate
    • Modalità di attivazione: volontaria, occasionale, negoziale

Con l’introduzione della Legge di Bilancio 2016, la condizione della volontarietà come requisito per il riconoscimento delle prestazioni welfare è stata eliminata, aprendo la strada a una totale esenzione fiscale e contributiva per beni e servizi di utilità sociale. Questi includono educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, come previsto dall’art. 100, comma 1, del TUIR. Questa misura ha notevolmente ampliato l’ambito dei beni e servizi di utilità sociale riconosciuti in base a un accordo collettivo.

Le imprese ora hanno la possibilità di inserire le misure di welfare e le relative modalità di funzionamento all’interno di un regolamento aziendale generale o di istituire un regolamento ad hoc dedicato esclusivamente al piano di welfare. Questo rappresenta una differenza sostanziale tra il piano “regolamentato” e quello “volontario”.

Le misure adottate volontariamente mantengono la limitata deducibilità (5 per 1000 delle spese per prestazioni di lavoro dipendente) e mantengono il beneficio fiscale in capo al lavoratore. Se, invece, queste misure vengono previste tramite regolamento, oltre a mantenere il beneficio per il lavoratore, possono ottenere la piena deducibilità delle spese secondo quanto previsto dalla legge di stabilità.

Il diverso trattamento sembra giustificato dalla combinazione dell’art. 51, c. 2, lett. f, del TUIR e dell’art. 100, c. 1, del TUIR, che pone il limite del 5 per 1000 delle spese per prestazioni di lavoro dipendente per le spese volontariamente sostenute.

La Legge di Bilancio 2017 ha chiarito che i contratti collettivi legittimati a introdurre misure di welfare includono accordi interconfederali, contratti collettivi nazionali di lavoro, contratti territoriali e accordi aziendali.

La Legge di Bilancio ha anche ampliato il paniere di beni e servizi inclusi tra le forme di welfare aziendale esenti da reddito di lavoro dipendente. Contributi e premi versati dall’impresa per prestazioni assicurative che coprono il rischio di non autosufficienza o gravi patologie sono ora inclusi, abbracciando prestazioni sanitarie e sociali come assistenza domiciliare, assistenza presso strutture residenziali e semi-residenziali.

Attivazione di un Piano Welfare Aziendale: semplificazione del processo

L’attivazione di un Piano Welfare Aziendale è ora semplificata grazie ai chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 28 del 15 giugno 2016.

Un piano di Welfare Aziendale può essere volontario o negoziale. Il piano di Welfare volontario può essere occasionale o erogato tramite regolamento aziendale, un documento unilaterale del datore di lavoro che impegna l’azienda nei confronti dei dipendenti.

Il piano di Welfare negoziale può derivare da un accordo sindacale aziendale obbligatorio o facoltativo, a seconda che sia associato a premi di risultato o produttività o miri all’erogazione di beni e servizi dall’inizio.

La scelta della modalità dipende dalla composizione e dai fabbisogni dei dipendenti, dai riflessi retributivi, fiscali e contributivi, dal coinvolgimento dei dipendenti e delle rappresentanze sindacali, e dal budget complessivo sostenibile per l’azienda.

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