Il meccanismo introdotto con la Legge di bilancio 2016 prevedeva, in sintesi, la possibilità di istituire premi di risultato - per tali dovendosi intendere le somme di ammontare variabile riconosciute ai lavoratori in presenza di incrementi di produttività, redditività, efficienza, qualità e innovazione - attraverso la stipula di contratti aziendali o territoriali, nei quali siano stati previsti criteri oggettivi di misurazione e verifica degli incrementi conseguiti dai dipendenti mediante indicatori numerici (o di altro genere).
L'importo del premio di risultato non poteva superare la soglia di 2.000 euro, elevabile a 2.500 euro se il contratto collettivo avesse previsto meccanismi di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nella organizzazione del lavoro, e si applicava esclusivamente ai lavoratori che, nell'anno precedente alla percezione del premio, avessero conseguito un reddito di lavoro dipendente non superiore ad euro 50.000.
La Legge di bilancio 2017 interviene in questa materia e prevede che la platea dei beneficiari sia elevata ai percettori di un reddito di lavoro dipendente pari a 80.000 euro. Inoltre, la soglia massima del premio di risultato viene alzata ad euro 3.000, ulteriormente incrementabile ad euro 4.000 se l'impresa ha previsto di coinvolgere pariteticamente i lavoratori nella propria organizzazione.
A questo proposito, il coinvolgimento "paritetico" dei lavoratori si realizza, così come previsto da Decreto interministeriale del 25 marzo 2016, quando i lavoratori, per effetto di una previsione del contratto collettivo, partecipano attivamente alla organizzazione del lavoro in azienda.
Alle somme erogate sotto forma di premio di risultato continua ad applicarsi l'imposta sostitutiva del 10%, che ricomprende non solo l'Irpef, ma anche le addizionali regionali e comunali. E' confermata, inoltre, la possibilità per i lavoratori di sostituire, in tutto o in parte, l'ammontare del premio di risultato con il pacchetto di prestazioni welfare messo a disposizione dall'impresa. In tal caso, optando per la conversione del premio in welfare, l'importo speso in beni e servizi di utilità sociale non è più soggetto ad imposta sostitutiva, ma gode di totale esenzione fiscale e contributiva.
Ma la maggiore novità in tema di welfare risiede nella possibilità di ricorrere senza più alcun limite di spesa (ai fini della totale esenzione) ai contributi alle forme pensionistiche complementari e ai contributi di assistenza sanitaria a beneficio della popolazione aziendale, nel caso in cui a tali prestazioni abbia optato il dipendente in sostituzione (parzialmente o per l'intero) del premio di risultato.
È tuttora previsto che detti contributi non costituiscano reddito di lavoro dipendente solo fino ad una soglia predefinita: euro 5.164,57 per le forme di previdenza complementare (art. 8, co. 4 e 6, D.Lgs. 252/2005) e euro 3.615,20 per l'assistenza sanitaria (art. 51, co. 2, Tuir).
La Legge di bilancio 2017 toglie questi limiti in relazione ai contributi alle forme pensionistiche complementari e ai contributi di assistenza sanitaria cui il dipendente abbia optato in sostituzione del premio di risultato. Dunque, quand'anche l'importo dei contributi versati dal datore di lavoro a titolo di previdenza complementare e di assistenza sanitaria, per effetto della decisione dei lavoratori di spostare il proprio premio variabile verso queste forme di welfare aziendale, superasse l'ammontare massimo previsto dalla vigente normativa fiscale, l'intero valore (anche quello eccedente la soglia massima) si considera esente.
Sotto questo aspetto, la manovra 2017 ha dato una grossa spinta, perché, consentirà alle imprese di ricorrere in modo più massiccio a queste due forme di welfare - in assoluto, tra le più ambite - nell'ambito di accordi aziendali che prevedano la convertibilità del premio di risultato in prestazioni di utilità sociale.